Perché gli Enti Religiosi hanno problemi di gestione patrimoniale?

Il rapporto tra gli Enti Religiosi ed il settore immobiliare è sempre stato molto particolare.

Si stima che ad oggi la Chiesa possieda circa il 20% del patrimonio immobiliare italiano complessivo (cifre mostruose), ma questo rappresenta anche una grande responsabilità e tanti problemi.

Il fatto è che oltre agli edifici storici, le chiese monumentali e le proprietà adibite per l’accoglienza e le attività di culto, i movimenti religiosi si sono trovati a gestire una quantità di beni immobiliari che si fa fatica anche solo a censire e quantificare.

Il fenomeno sta rallentando negli ultimi anni, ma c’è sempre stato un enorme flusso di donazioni e lasciti e quindi se da un lato questa può essere una buona notizia perché l’ente di turno si ritrovava una proprietà in più a disposizione, dall’altro si aveva l’onere di doverlo gestire.

oltre alle attività di culto, i movimenti religiosi si sono trovati a gestire una quantità di beni immobiliari che si fa fatica anche solo a censire e quantificare


Inutile dire che molti immobili sono anche in pessime condizioni, vuoi per la storicità, vuoi per la cattiva gestione o l’abbandono e quindi le difficoltà si moltiplicano, perché si deve iniziare a fare i conti con attività noiose come la manutenzione o le ristrutturazioni.

Il problema è che gli enti religiosi sono fatti da preti. Uomini di fede che non sono tenuti ad essere esperti di gestione immobiliare, mentre invece capita che l’economo di turno si ritrovi ad affrontare questione che vanno al di là della sua competenza.

Una situazione quasi paradossale, dove un regalo diventa quasi un peso e dove soprattutto si rischia di accumulare debiti e problemi in caso di cattiva gestione.

Cosa si intende con “cattiva gestione”

L’elemento numero uno è sicuramente il non uso delle strutture, che spesso restano chiuse ed inutilizzate (e spesso occupate abusivamente o vandalizzate)

Il secondo punto è la cattiva gestione dal punto di vista tecnico, perché se si ottiene una rendita troppo bassa o addirittura negativa (quindi dove le spese sono più alte degli incassi) questo non solo porta ad una perdita costante, ma costringe l’ente ad indebitarsi e magari dover svendere quel bene per compensare i debiti.

Purtroppo molti credono davvero che la Chiesa non paghi le tasse sugli immobili, ma è vero a metà, nel senso che l’esenzione è effettivamente tale solo per i luoghi di culto (accatastati come E7) e le proprietà adibite a conventi e/o musei (categoria B1).

Per il resto qualsiasi proprietà è soggetta regolarmente al pagamento delle imposte, quindi è importantissimo far quadrare i conti per non essere costretti a svendere pezzi del proprio patrimonio per strada e fare in modo che le proprietà rappresentino una fonte di reddito da usare (e non un debito).

I proventi delle rendite immobiliari sono importantissimi per autofinanziare l’ente e possono esser investite nelle mille attività che la Chiesa mette in campo per aiutare soprattutto le fasce di reddito più disagiate.

È un vero peccato vedere a volte intere palazzine affidate per pochi spiccioli (o magari dismesse e distrutte) quando invece potrebbero valere una fortuna se solo fossero state affidate a chi sa come gestire e valorizzare un patrimonio immobiliare.

La tematica della gestione per conto degli enti religiosi è molto più rilevante di quello che si può pensare e noi di Valorizzo ne parliamo con cognizione di causa perché abbiamo maturato un’esperienza diretta proprio nella gestione per conto di alcune delle confraternite più importanti.

Abbiamo curato personalmente numerose operazioni di compravendita, ristrutturazione e valorizzazione che hanno permesso a questi enti di ottenere una rendita attiva costante ed una solida gestione del patrimonio anche dove i precedenti incaricati avevano commesso errori madornali.

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